Per convertire da UNIX a DOS:
sed 's/$/\r/' testo_UNIX > testo_DOS.txt
invece da DOS a UNIX:
sed 's/^M$//' testo_DOS.txt > testo_UNIX
in cui, per scrivere ^M, si può premere Ctrl-V e poi Ctrl-M
"L'usuraio distruggerà ogni ordine sociale, ogni decenza, ogni bellezza" – Ezra Pound
Per convertire da UNIX a DOS:
sed 's/$/\r/' testo_UNIX > testo_DOS.txt
invece da DOS a UNIX:
sed 's/^M$//' testo_DOS.txt > testo_UNIX
in cui, per scrivere ^M, si può premere Ctrl-V e poi Ctrl-M
L’ attrice dello spot e’ la francese Julia Papillot.
Dopo il simpatico spot del 2009 sul bateau mouche, eccola di nuovo insieme a Simone Montedoro nello spot 2011:
Per montare una cartella condivisa in un sistema guest Linux, si clicca sul menu Dispositivi->Aggiungi una cartella condivisa, si sceglie quale cartella dell’ host condividere, e si sceglie un nome per la condivisione (supponiamo che sia abc).
Nel guest apriamo una shell di root, e creiamo la directory su cui montare la cartella condivisa.
Per montarla si dà il comando mount, ma con le sue opzioni possiamo controllare il comportamento: utente, gruppo, permessi, ecc…
mount -t vboxsf abc /dir/creata -o uid=1000,gid=1000,dmode=0755,fmode=0755
http://www.roberto-vincenzi.com/dramma_bambino_dotato.htm
Pubblicato su “Diagnosi & Terapia” n.3 – 20/3/98
Recensione del libro:
Alice Miller,
“Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé”,
Bollati Boringhieri, Torino 1996
“Non ricordo niente della mia infanzia”
“La mia é stata un’infanzia felice”
“Sono sempre stato precoce; da piccolo ero l’orgoglio dei miei genitori; si diceva di me che ero un bambino dotato”.
Frasi come queste, spesso raccolte nel corso della prima seduta di psicoterapia, descrivono una situazione abbastanza simile: la situazione di colui che, da adulto, soffre di un forte disagio psicologico che non riesce a spiegare, né a risolvere, a livello conscio e razionale.
Questa persona, raccontando per la prima volta ad un terapeuta la propria storia personale, compie già un gesto diverso dai precedenti racconti che può aver fatto per “sfogarsi” a parenti, amici o persone affettivamente a lui legate; questa volta infatti riconosce di avere un problema che non riesce a risolvere da solo e si sceglie un testimone/guaritore esterno, neutrale, “tecnico”, con il quale mettere in gioco le convinzioni che lo hanno sostenuto fino a quel momento.
Analizzando i tre commenti alla propria infanzia, possiamo dire che nel primo caso (“non ricordo niente della mia infanzia”), é avvenuto un cosiddetto fenomeno di rimozione e cioè i ricordi non sono stati cancellati, non si dimentica niente in realtà, ma sono stati resi non accessibili alla memoria cosciente.
Il motivo per cui questo avviene si evidenzia prima o poi nel corso della terapia quando la persona comincia a raccontare qualche episodio della sua vita familiare infantile, e, guarda caso, si tratta quasi sempre di brutti ricordi, di avvenimenti nei quali il protagonista bambino é stato ignorato, umiliato, non compreso nelle sue necessità, oppure brutalmente offeso nella sua dignità di persona, quando non emerge di peggio e cioè traumi alla propria identità personale o sessuale.
I ricordi vengono rimossi a livello conscio perché‚ sono intollerabili per la persona; l’adulto di oggi non può accettare le ferite al proprio io che si sono accumulate nel corso della sua storia personale ed inoltre, una presa di coscienza reale, lo costringerebbe a rivedere le figure dei suoi genitori per quelli che sono stati effettivamente e abbandonare quindi la falsa immagine che gli é stata fornita dai genitori stessi quando lui era piccolo.
Colui che afferma, invece, che la sua é stata un’infanzia felice (quando non lo é stata) ed in base a questo non riesce a spiegarsi il perché‚ della infelicità da adulto, in realtà compie una operazione simile a quella della rimozione, soltanto che invece di impedirsi l’accesso ai veri ricordi, li nega e li traveste in ricordi felici.
La persona infine che di sé‚ racconta di essere stato sempre precoce ed aver costituito l’orgoglio della sua famiglia, e non si riesce a spiegare il contrasto tra le capacità da bambino e l’infelicità da adulto, in realtà non parla in prima persona, ma riferisce soltanto l’immagine della sua infanzia secondo quello che gli é sempre stato raccontato dai genitori.
Qualcosa stona però nel racconto; questa immagine, viene riferita, in maniera acritica, oppure, in certi casi, viene raccontata, con indifferenza e mancanza di partecipazione, ironia, sarcasmo talvolta, come se si trattasse della vita di un altra persona.
Nella prima infanzia (da un anno e mezzo a cinque anni) queste persone spesso sono state definite bambini “bravi” e “dotati”, perché‚ hanno avuto dei comportamenti precoci per quello che riguarda l’indipendenza (alimentazione, controllo degli sfinteri, deambulazione eretta, comportamento all’asilo, gestione della propria vita, assunzione di responsabilità nei confronti dei fratellini più piccoli).
Secondo l’opinione comune, queste dovrebbero essere le premesse di un adulto realizzato e felice; chi ha alle spalle una tale infanzia, dovrebbe avere da adulto una salda coscienza del proprio valore; in realtà, dietro alla facciata di vuota grandiosità o efficienza, dietro un’immagine ideale e non reale di sé‚ stessi e della propria famiglia, stanno sempre in agguato sensi di vuoto, di depressione, di autoalienazione, di assurdità della propria vita; sono presenti inoltre eccessivi sensi del dovere, angosce, rigidezza, sensi di colpa e di vergogna, infine patologie psicologiche o addirittura psichiatriche.
In tutti questi casi, di fronte a rimozione del passato, negazione dei ricordi, adesione a ideali non propri, ci troviamo di fronte a persone che, non volendo sapere nulla della propria storia, in realtà non sanno di esserne viceversa, nel bene e nel male, nella salute o nel disturbo, continuamente influenzati.
Queste persone, in molti campi della loro vita, é come se non avessero aggiornato i propri archivi e gli strumenti per affrontare la vita: hanno ancora paura di pericoli che una volta erano reali, ma che ormai da tempo non lo sono più; sono mossi da ricordi inconsci, da sentimenti e bisogni rimossi, i quali, finché‚ restano inconsci, spesso determinano in modo perverso, quasi tutto quello che essi fanno o non fanno. Un non risolto conflitto infantile spesso, da adulti, si concretizza, in una coazione a ripetere della quale si é persa la chiave.
Per descrivere il clima, psicologico, di una simile infanzia, é utile distinguerne le diverse fasi:
Il bambino così cresciuto, divenuto adulto, continuerà a negare i propri sentimenti inconsci ed a cercare senza mai riuscirci, di raggiungere il soddisfacimento dei bisogni rimossi che nel frattempo sono divenuti perversi e patologici; per far questo, spesso utilizzerà il ricorso a simboli non compresi di dipendenza: alcool, droga, perversioni sessuali, coazioni a ripetere, adesioni a gruppi politici, sette religiose…….
A questi comportamenti spesso si aggiunge la creazione di veri e propri miti personali e familiari, sviluppati allo scopo di proteggere dalla verità rimossa, e questo può avere effetti letali, se la patologia ha innescato meccanismi di grave disturbo o di somatizzazione; questi meccanismi col passar del tempo tendono a diventare autonomi e non più controllabili;
– uno dei sistemi sostitutivi per cercare di risolvere i propri problemi e soddisfare i bisogni inconsci di amore consiste nell’educazione dei propri figli, approfittando del fatto che nella buona e nella cattiva sorte, i neonati ed i bambini piccoli dipendono totalmente dai propri genitori.
Questo schema ci consente di comprenderne un altro, che si ripete quasi costantemente, nella storia personale di coloro che da adulti presentano problemi di carattere psicologico:
Questo bambino, divenuto così “bravo ed obbediente”, non si rende conto di aver commesso tre gravissimi errori:
Questa capacità infatti, in una famiglia stabile e normale, si forma nella prima infanzia, quando i genitori permettono al bambino di esprimere le sue emozioni ed i sentimenti, rassicurandolo che, qualsiasi cosa dica, non gli farà perdere l’amore ed il sostegno dei quali ha bisogno.
Quando invece i genitori nella loro infanzia, hanno dovuto sopportare madre e padre assenti o poco disponibili, utilizzando il fatto che il bambino é disponibile, impostano la sua educazione per farlo diventare come piace a loro, ignorandone quindi a loro volta la personalità e i bisogni, e replicando la patologia della loro famiglia di origine.
Per un figlio così allevato‚ è quasi impossibile la rottura del legame psicologico coi genitori stessi; anche da adulto dipenderà sempre dalla conferma dei genitori o di persone che rappresentano i genitori come il partner, il gruppo o l’ambiente sociale che frequenta.
La psicoterapia consente, a coloro che hanno subito simili esperienze nell’infanzia, non solo una semplice comprensione intellettuale della propria storia, ma il provare emozioni attraverso la rielaborazione dei ricordi. Tutto questo non é facile, perché‚ implica la rinuncia ai ricordi di copertura e alle false immagini di sé, che hanno costituito fino a quel momento, la struttura della persona.
L’analisi delle resistenze, che emergono in terapia, consente di poter rinunciare, all ‘immagine di sé, fino a quel momento utilizzata, di essere stati soltanto buoni, comprensivi, generosi, controllati e privi di esigenze personali.
Si innescano così tutta una serie di processi e di meccanismi psicologici che aprono la strada alla vera crescita della persona:
L’ iphone salva i messaggi in un database SQLite.
Facendo un backup sul PC, il database si trova nel file 3d0d7e5fb2ce288813306e4d4636395e047a3d28